Il Santo Graal

Le origini del mito

Il mito del calice o piatto di Gesù Cristo affonda le sue radici in epoche remote antecedenti al medioevo. La fonte di questa credenza è Jacopo da Varagine, il quale nel 1260 circa, racconta nella Legenda Aurea che durante la prima Crociata (del 1099), i Genovesi trovarono il calice usato nell'Ultima Cena.

Uno dei primi reperti a cui si attribuì la leggenda, poi detta del Graal, fu quello che ad oggi viene chiamato il Sacro Catino, ovvero il piatto o calice utilizzato da Gesù nell'Ultima Cena; si tratta di un vaso, intagliato in una pietra verde brillante e traslucida, recuperato dal condottiero della Repubblica di Genova Guglielmo Embriaco Testadimaglio dalla Terrasanta, quando al fianco di Goffredo di Buglione contribuì in maniera decisiva alla caduta di Gerusalemme. Re Baldovino fece scrivere sopra la porta del Santo Sepolcro: Praepotens Genuensium Praesidium, a ricordo della incredibile impresa dei Genovesi e riportò nel 1101 il reperto, che è ancor oggi conservato al Museo del Tesoro della cattedrale di San Lorenzo a Genova.

Le origini del Graal letterario possono invece essere ricondotte ad antiche saghe celtiche intorno ad un eroe viaggiatore che si ritrova in un altro mondo, su un piano magico parallelo al nostro. In questi racconti il Graal era semplicemente un piatto o coppa, come l'inesauribile cornucopia greco-romana, presentato per significare la natura mistica dell'altro mondo.

Lo sviluppo di ciò che attualmente si conosce come ciclo del Graal è stato tracciato in dettaglio dalla ricerca storiografica. I romanzi del Graal furono originariamente scritti in francese e successivamente tradotti nelle altre lingue europee, senza l'aggiunta di nuovi elementi.

Fu solo dopo che il ciclo dei romanzi del Graal si fu costituito che il Graal venne identificato con la coppa dell'ultima cena di Gesù Cristo, collegando l'etimologia dei termini francesi san greal (Sacro Graal) e sang real (sangue reale).

Le tappe nella storia

I° secolo: Giuseppe d’Arimatea e Tommaso apostolo, nella loro missione evangelizzatrice lungo la rotta dell’Inghilterra il primo e in Asia Minore ed India il secondo, conducono in custodia le più rilevanti reliquie di raccolta apostolare cristiana.

Alla morte martiriale di Tommaso, nella colonia commerciale aretina di Arikamedu, le Reliquie in custodia vengono condotte dai primi confratelli ad Arretium (Arezzo), dove riteniamo siano state conservate in una casa – sanctuarium al Colcitrone - per poi giungere, in epoca che possiamo supporre intorno al II secolo, alla disponibilità romana dei Papi di fase storica.

III secolo: il diacono Lorenzo, a cui verrà dedicata la Basilica di San Lorenzo Fuori le Mura, riceve dal Papa Sisto II, che sta per essere raggiunto ed ucciso dalla persecuzione di Valeriano del 258, “i tesori della Chiesa”; ossia, le Reliquie supreme, originariamente raccolte da parte di Tommaso apostolo. Martirizzato a sua volta, Lorenzo custodisce con sé le Reliquie supreme, che rimarranno nell’area romana catacombale del Verano, luogo di sepoltura del Santo.

VI secolo: nell’anno 525 Papa Giovanni I riconduce le reliquie ad Edessa – luogo di sepoltura di Tommaso ed ove vi era la Sacra Sindone di sepoltura di Gesù Cristo (allora nota come Mandylion) - e a Gerusalemme il Calice dell’Ultima Cena di Gesù Cristo.

Tra il 580 e il 590: Papa Pelagio II reperisce dalla tomba laurenziana il Calice della Deposizione, in opalina di vetro, con il Sangue di Gesù raccolto da Giuseppe di Arimatea, e colloca la Reliquia del Sangue all’Oratorio Laterano, detto Sancta Sanctorum.

Tra il 590 e il 600: Il successore Papa Gregorio Magno elargisce le Reliquie per la conversione europea. La Reliquia di Maria Maddalena è inviata in Provenza dal vescovo Verano. La Reliquia del terriccio del Calvario, è inviata nell’attuale Scozia, tramite san Blano di Bute. Una Reliquia di Calice probabilmente presente al tavolo dell’Ultima Cena sarà inviata in Spagna, dove rimarrà a Valencia come Santo Caliz.

Nell’anno 597 c.a.: Re Artuir mac Aedain, fratello di San Blano di Bute, muore in battaglia per difendere il sacro Graal e viene sepolto a Kingarth di Bute. Nasce così il mito cristiano di Re Artù e Merlino; la Reliquia andrà poi a Glastonbury in Inghilterra.

Nell’anno 1048: Papa Damaso II trasferisce a Mantova la Reliquia del Sangue di Gesù, custodita poi al Sancta Sanctorum di Roma. Il calice vitreo che la conteneva – probabilmente originario di Cafarnao - era rimasto dal precedente VI secolo nella Basilica di San Lorenzo, come sua sacralizzazione suprema.

La leggenda del calice vitreo diverrà – trasformata dai poeti del XIII secolo in particolare da Robert de Boron – la leggenda del Santo Graal cristiano.

Nell’anno 1204: Il crociato Othon de la Roche trafuga da Bisanzio, nel corso della IV crociata, il Telo del Mandylion. Esso sarà reperito poi in Francia nel 1353, come attuale Sacra Sindone. Del trafugamento di Othon e della provenienza del Telo da Tommaso Apostolo, rimarrà memoria nello scolpito duecentesco della Chiesa di Semur en Auxois (Borgogna)

Tra il 1307 e il 1314: In questo periodo vi fu l’arresto e la successiva messa al rogo del Gran Maestro dei Templari, Jaques De Molay e, su ordine dello stesso, molte reliquie custodite dall’Ordine vennero messe al sicuro consegnandole ad alcuni monaci della Chiesa ortodossa copta, amici dei Templari, tra queste reliquie vi furono il santo Graal e l’ampolla di Giuseppe d’Arimatea.

Nell’anno 1864: Papa Pio IX reperisce un calice vitreo nel nartece della basilica di San Lorenzo Fuori le Mura, durante gli scavi condotti da De Rossi. Tale Calice vitreo è similare, per composizione, a quello qui analizzato come Sacro Graal. L’archeologo farà custodire la Reliquia nei Musei Vaticani. Dopo qualche anno, Pio IX ordinerà la propria sepoltura nello stesso antico nartece di San Lorenzo fuori le Mura.

Nell’anno 1963: l’archeologo Antonio Ambrosini rintraccia, presso un monastero copto ortodosso, in Egitto, il calice del Santo Graal e la Boccetta di Giuseppe d’Arimatea, riportandoli in Italia, riconsegnandoli, negli anni ’80, in mano Templare.